UN CAFFÈ AL BAR CON ROSSELLA SENO
Con Rossella c’eravamo incontrati l’ultima volta all’Arciliuto di Roma per il suo spettacolo Puri come una bestemmia, della sua performance mi aveva colpito soprattutto la capacità espressiva della sua voce così particolare. In quell’occasione avevo anche potuto apprezzare la sua sensibilità d’artista verso il sociale.
Ci siamo dati appuntamento al Pantheon di Roma, tra le otto colonne sotto la volta a gittata libera più grande del mondo.
Rossella arriva puntualissima, emerge dall’onda surreale dei turisti, proprio come un cavalluccio marino, l’ippocampo Rossella.
Significativo, incontrare quest’artista in questo luogo dedicato a tutte le divinità: del passato, del presente e del futuro; secondo l’intendimento dell’Imperatore Agrippa.
Mentre ci sganciamo dalla folla, verso un caffè, l’apparizione di una botticella romana (come vengono chiamate in gergo le carrozzelle a cavallo), il cavallo si avvicina a Rossella, gli annusa le mani, la osserva con i grandi occhi, piegando la testa verso di lei e lei gli accarezza il muso dolcemente.
Ma dobbiamo allontanarci, il nervosismo del vetturino e l’incalzare della folla, rumorosa ci spingono lontano dalle maestose colonne corinzie. Andiamo verso una delle tante viuzze del centro e poi finalmente davanti a un buon caffè.
Parliamo di teatro, di cinema di musica, delle sue esperienze nel mondo dello spettacolo, delle sue canzoni, dei progetti futuri, della sua visione politica. Parliamo della ricerca e del significato dei luoghi per un artista, spazi in cui vivere la propria creatività. Rosella ha certo un’anima multiforme, le sue corde vocali sanno esprimere: intensità e decisione, volontà di sostenere le battaglie in cui crede, di cui racconta.
-Come hai iniziato la tua esperienza nel mondo dello spettacolo?
-Ho frequentato la Scuola del Teatro a l’Avogaria di Venezia, per interessi musicali e recitativi, con Piercarlo D’amato e Lucio Quarantotto, poi a Roma all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico dove ho frequentato i corsi dell’Actors Studio.
Rossella vive la dimensione espressiva a tutto campo dalla recitazione alla musica. Ha interpretato canzoni di Piero Ciampi, Mario Castelnuovo, Matteo Passante ed altri, ha reinterpretato il teatro cantato di Milly (Carla Mignone) rivisitando Brecht con una nota personalissima. Nel 2008 ha presentato al Teatro Goldoni di Livorno l’inedito “E il tempo se ne va” scritto da Ciampi e Marchetti, meritando il premio speciale Ciampi con Nada e Capossela. Mario Castelnuovo scrive un brano appositamente per lei.
-Sei più cantante o attrice?
- Sono Rossella, ho fatto cinema, televisione, spot come testimonial per le ragioni sociali in cui credo, Ho collaborato con tanti bravissimi artisti.
In effetti so bene che lei ama cantare canzoni che abbiano un messaggio e che si rivolge principalmente ad un teatro di contenuti. Le sue sono corde vocali che esprimono un’anima multiforme, sempre estremamente decisa a sostenere le battaglie in cui crede.
Dal 2007 al 2014 è stata una delle voci di Prima Pagina del TG5. Protagonista in importanti fiction e serie televisive (La dottoressa Giò, Carabinieri, Il bello delle donne, La squadra e Un posto al sole). La Rossa di Venezia. Corista nello spettacolo televisivo Numero Uno condotto da Pippo Baudo.
Si chicchera ancora un po’, soprattutto di canzoni e poi di progetti, di prossimi impegni artistici. Ci dobbiamo salutare ma ci rincontreremo presto insieme ai musicisti del suo gruppo. Mentre stiamo per alzarci, osservo un passero che si è fermato a bere in una pozza vicino al nostro tavolino, una piccola scintilla elettrica di vita che pure sembra così tranquilla vicino a questa donna che mi ha raccontato di quanto sia importante per lei il rispetto per il mondo animale cui peraltro apparteniamo, poi un passante spaventa il passerotto che vola via, sfiorando i suoi capelli rossi.
Giacomo Piccoli
L’Architasto
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Come raggiungerci: La Sala dell’Immacolata presso il Convento dei SS. XII Apostoli si trova in Via del Vaccaro, 9 – Roma / Angolo Piazza dei SS.Apostoli a pochi passi da Piazza Venezia e Via del Corso.
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Con mezzi privati: Parcheggio per automobili Via della Pilotta e Piazza della Pilotta, a circa 50 metri dal Teatro.
Con mezzi pubblici: Fermata Plebiscito che ferma a Via del Plebiscito - angolo Piazza Venezia, a pochi minuti a piedi dalla Sala dell’Immacolata.
Incontriamo l’attrice e drammaturga Grazia Dentoni in una splendida mattinata di fine estate, Sole, ombrellone. Caffè, ed alcuni avventori di un bar a ridosso di Cagliari. Arriva da lontano l’odore del mare e l’odore di vaniglia della pasticceria prospiciente.
Ho conosciuto Grazia attraverso le notizie che mi giungevano sulla sua attività teatrale e sopra tutto per il suo impegno come fondatrice dell’Associazione Ananchè. Ciò che mi aveva colpito era la scelta da lei operata di definire la propria attività come: Teatri di Pace in contrapposizione ai bruttissimi Teatri di Guerra, ma quella fu solo il primo input di una nuova conoscenza artistica, poi seguirono altre notizie sul mio tavolo da lavoro, come ad esempio la bella idea dei TEATRI RURALI, quindi azioni teatrali che si svolgevano non nel chiuso di strutture consacrate alla recitazione, ma nelle suggestive campagne della Sardegna, esattamente presso la località di Serramanna.
Parliamo di un video, intitolato NURAXIA, realizzato da la stessa, in veste di regista e che affronta il ruolo storico ed il significato esoterico dei nuraghi. Mi spiega:
-Abbiamo realizzato l’iniziativa TEATRI RURALI in riferimento al video evidenziando il ruolo emblematico dei Nuraghi e dell’antica cultura sarda, cercando di evidenziare non tanto l’aspetto prettamente archeologico, ma il ruolo magico - arcaico dei medesimi-
Mentre Grazia sorseggia il caffè do una prima approssimativa sbirciata al suo libro Or Rho a s’Andhira , ma prima che io potessi chiedere qualcosa lei poggia la tazzina di caffè sul tavolo ed esordisce:
ho vissuto l’esperienza circense come insegnate in RAMALLAH, Palestina, con l’impegno di insegnare ai ragazzi palestinesi l’incredibile esperienza espressiva del teatro nella città “ Circus behind the wall”, la giocoleria, il circo. –
-ho vissuto nell’estate del 2006 in Istraele, assieme ad altri 10 artisti, nel deserto del Negev, tra la sabbia e l’odore della guerra. Questo mi ha comunque portato all’incontro con Daniel Kisch che mi ha introdotto all’iniziazione della Kabbala, mi ha fatto comprendere la partitura fisica e la simbologia contenuta nella rappresentazione grafica dello scritto, la gestualità, la parola…-
Mi parla anche di suo figlio, di questa nuova esperienza di madre che si assomma alla gamma delle sensazioni umane fino ad oggi da lei vissute, poi parliamo anche dei suoi progetti futuri, sono molti, tutti estremamente suggestivi, ma i problemi sono sempre i soliti, le difficoltà a trovare sostegno da parte dei Comuni e degli Assessorati. Ma alle difficoltà Grazia Dentoni risponde con grande spirito d’ iniziativa.
-Chiedo: spiegami il titolo del tuo libro “Or Rho a s’Andhira “ , nessuno sa dirmi cosa esattamente significa in lingua sarda, forse una arcaica invocazione magico religiosa ?-
Accenna ad un mezzo sorriso, finisce il caffè ed esordisce:
- È un modulo vocale antico, forse utilizzato dai nuragici per comunicare con il cosmo e le stelle, ma il reale significato si perde nella notte dei tempi!-
-Chiedo: Allora parlami della Santa Drammaturgia!-
-Quella è stata l’esperienza che mi ha posto in contatto con Enrico Euli, filosofo e ricercatore degli elementi ludici dell’essere, quella esperienza diede inizio alla fondazione di Ananchè, teatri di pace ed a molti altri percorsi artistici.-
-Chiedo: Enrico Euli rappresenta per te un punto di congiunzione tra la rappresentazione teatrale in generale e la tua precedente esperienza circense?-
riprende il suo racconto:
- moltissimo, le esperienze si legano tra di loro, come si carda il batuffolo di lana per ottenerne un filo e dal filo un tessuto. Il gesto si lega alla parola e la parola alla rappresentazione, è scritto sul mio libro… “Nella bocca entra il gioco della tessitura, la nostra bocca è un telaio, la lingua è la spola che va e viene, si muove senza sosta, i denti sono il pettine attraverso il quale passano i fili dell’ordito. La parola prende forma… diviene filo, diviene tessuto”-
-Chiedo: Non pensi anche tu che il teatro e la filosofia s’intrecciano tra di loro formando un insieme rappresentativo e che il recitare altro non sia che rivelare noi stessi ?
- Euli ha scritto sul mio libro: “ La verità nella teoria filosofica appare come s-velamento, a-létheia, è la verità dei Dori e degli Achei, del Kurgan, quella che va dall’ombra alla luce… è un’idea recente nella storia dell’umanità, non prima del 1000 A.C., la verità in precedenza era vista come ri-velazione: rimettere il velo, era la condizione del vero. Come nel suspu modu, ti dico la verità proprio quando metto il velo alle mie parole. Porre l’ombra sulle verità del logos rappresenta una verità più alta”.
Finisco anch’io il mio caffè, mi guardo intorno e rifletto: quanta di questa gente che passa per la strada si è mai chiesta perché nella tragedia greca si usavano le maschere ma abbandono in fretta il pensiero per non divagare troppo. Gli pongo un ultima domanda:
-I tuoi progetti futuri?-
-molti, spero di riuscire a realizzarli il prima possibile-
Guardo il Sole, è quasi allo Zenit, un raggio attraversa l’ombrellone e divide il suo viso esattamente a metà con un taglio a sinusoide, quasi uno Ying e Yang… annuisco sorridendo:
-sono sicuro che riuscirai a completare in modo eccellente ogni tua nuova iniziativa!-
Il tempo è passato in fretta, ma costruttivamente. Grazia si allontana verso Quarto S. Elena mentre io e la mia compagna ci dirigiamo verso Sinnai.
Ogni volta che vedo un Nuraghe ormai sento nelle orecchie un invocazione antica: Or Rho a s’Andhira!
Mi torna in mente il volto di Grazia Dentoni, un volto di stile antico, diviso esattamente come uno Ying e Yang, perfetto equilibrio cosmico tra materia, pietra nuragica e mente, in un magico equilibrismo su irreali trampoli e canti in lingua sarda a me incomprensibili, ma percepisco un insieme che si esprime attraverso il suono, espressione di un antico verbo ed il corpo…
la danza arcaica dell’Anima Mundi.
Giacomo Piccoli
TEATRI RURALI & CONTADINI (tratto da I Teatri di Pace)
“La storia del teatro sardo parte dalle permanenze folk loriche del teatro gestuale nuragico (mammuthones, boetones, zurpos). Una produzione teatrale sarda è individuabile fin dall’età nuragica: la coreografia dei mammuthones e degli insocatores. E’ la ritualizzazione in forma di azione scenica una cerimonia religiosa, un rito di eliminazione, allegoria e iconografia di una antichissima “cultura” pastorale, non ancora conclusa, dall’età dei nuraghi ai nostri giorni. Ciò che qui interessa è l’origine del “teatro improprio comunitario sardo”, cioè quel teatro dove tutti sono, allo stesso tempo, attori e spettatori, guardano e sono guardati, e dove lo spazio scenico non è ancora, un luogo chiuso, istituzionalizzato, ma la piazza o la strada della comunità. Come in tutte le collettività umane, anche in quella “sardo nuragica”, le prime forme teatrali sono strettamente legate a rituali religiosi – comunitari. Dentro questi rituali religiosi si introducono, a mano a mano i simboli dei fatti sociali, come ad esempio lo stravolgimento dei ruoli, che connotta ancora oggi, l’uso carnevalesco teatrale del travestimento:l’uomo che si traveste da bestia, il maschio che si veste da femmina, il plebeo che mette i vestiti del nobile, la maschera al posto del volto. Il carnevale e il teatro perciò vogliono significare, anche, la necessità e/o la difficoltà di raggiungere l’uguaglianza fra gli uomini o l’intercambiabilità dei ruoli fra egemoni e subalterni, fra dominatori e dominati, fra vincitori e vinti.” (Francesco Masala)
Diretta da Grazia Dentoni. Info: infoananche@gmail.com http://www.ananche.net